I Borgia by Alexandre Dumas

I Borgia by Alexandre Dumas

autore:Alexandre Dumas
La lingua: ita
Format: mobi, epub
ISBN: 9788854133914
editore: Newton Compton editori
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Capitolo VIII

Nel frattempo Cesare Borgia restava a Napoli, un po’ per dare al dolore paterno il tempo di calmarsi, un po’ per condurre a termine una nuova trattativa di cui era stato appena incaricato, e cioè la proposta di matrimonio a Lucrezia da parte di Alfonso d’Aragona, duca di Bisceglie e principe di Salerno, figlio naturale di Alfonso II, e fratello di donna Sancia. È vero che Lucrezia era già sposata col signore di Pesaro, ma era anche figlia di un padre che aveva ricevuto dal cielo il diritto di legare e di sciogliere.

Dunque, non bisognava prendersela per queste piccole cose: appena i fidanzati si fossero messi d’accordo, sarebbe arrivato il divorzio. Il papa era un politico troppo fine per accettare che la figlia fosse la moglie di un genero diventato ormai inutile.

Verso la fine di agosto si venne a sapere che il legato, dopo aver concluso secondo i suoi desideri l’ambasciata presso il nuovo re, stava tornando a Roma. Vi rientrò il 5 settembre, soltanto dopo tre mesi dalla morte del duca di Gandia.

L’indomani, cioè il 6, andò alla chiesa di Santa Maria Novella, dove lo aspettavano, a cavallo, secondo il costume, i cardinali e gli ambasciatori di Spagna e di Venezia. Quindi si recò al Vaticano, entrò nel concistoro e fu ricevuto dal papa, che, seguendo il cerimoniale, gli impartì la benedizione e lo abbracciò. Poi, sempre scortato dai cardinali e dagli ambasciatori, fu riaccompagnato nei suoi appartamenti, dai quali passò, appena lo lasciarono solo, a quelli del papa.

Al concistoro non si erano potuti parlare, mentre padre e figlio avevano tante cose da dirsi, anche se non a proposito del duca di Gandia, Il suo nome, infatti, non fu mai pronunciato: né quel giorno né in seguito si sentì più nominare quell’infelice giovane, proprio come se non fosse mai esistito.

Cesare portava buone notizie. Il re Federico acconsentiva all’unione proposta, e il matrimonio tra Sforza e Lucrezia fu annullato per impotenza del marito. Inoltre il re aveva autorizzato l’inumazione di D’jem, il cui cadavere valeva trecentomila ducati.

Allora Cesare, esattamente come aveva desiderato, divenne, al posto del duca di Gandia, la persona più importante per il papa, e i Romani si accorsero ben presto che quella vice-regalità spingeva Roma verso la dissolutezza. Non ci furono più che feste, balli, mascherate, magnifiche partite di caccia, in cui Cesare non indossava l’abito cardinalizio, perché forse il colore gli era divenuto insopportabile, ma un vestito alla francese, ed era seguito, come un re, da cardinali, ambasciatori e guardie del corpo. Secondo il cardinale di Viterbo, l’intera città pontificia, che si abbandonava come una cortigiana a sfrenatezze e a baldorie, non era mai stata, neppure al tempo di Nerone e degli Eliogabali, più infuocata di intemperanze, più abbandonata alla lussuria, più crudele nei massacri.

Mai era stata vittima di tanti flagelli, mai disonorata da tanti delatori, mai insanguinata da tanti criminali. I ladri erano così numerosi e audaci che non si poteva entrare senza rischio nella città, e a un certo punto non ci fu più sicurezza neppure all’interno.



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